venerdì 19 febbraio 2021

PEDAGOGIA: “La scuola e la questione sociale” di Pasquale Villari

 1.

  1. Come potresti descrivere lo stato emotivo della maestra di fronte alla classe? È incuriosita dai nuovi allievi.
  2. Perché la maestra Varetti non esamina Saltafinestra? Perché non osa farlo di fronte al resto della classe. 
  3. -
  4. Alla presenza della nuova insegnante gli alunni reagiscono con atteggiamenti particolarmente curiosi. Pur rispettando la donna rimanendo in silenzio e attendendo le sue spiegazioni, manifestano parecchia curiosità all’ingresso in aula, parlando tra loro in riferimento alla nuova figura presente.
  5. -
  6. L’Italia postunitaria dovette confrontarsi con l’importante problema dell’analfabetismo, che colpiva in particolare il sud Italia, ma dal quale anche il Nord non era esente. Tra ottocento e primo novecento si moltiplicarono le iniziative per la scolarizzazione, ai fini di sconfiggere l’ignoranza. Tra le iniziative più significative troviamo l’istituzione delle scuole per soldati, dette scuole reggimentali, in parallelo alla nascita delle scuole serali e festive, gestite dagli stessi maestri che insegnavano i bambini. Queste scuole erano finanziate da privati e avevano non solo la finalità di insegnare alle persone a leggere e scrivere, ma principalmente puntavano alla formazione di un’opinione politica personale. L’istruzione iniziò a ricoprire un ruolo importante anche per quanto riguarda le esigenze delle nuove forme di produzione industriale: in molti casi furono necessarie competenze più avanzate in campo meccanico, elettrico e chimico, cui si poteva accedere solo se si disponeva già di un buon bagaglio alfabetico minimo. In molti casi queste scuole venivano sostenute economicamente dagli stessi imprenditori, anche per quanto riguarda il campo agricolo. Nacquero infatti varie scuole tecniche agrarie che puntavano alla preparazione di allievi da impiegare come specialisti nell’attività agraria. Particolarmente attive furono inoltre le società di mutuo soccorso, che puntarono a stimolare nei ceti artigiani e operai una mentalità fondata sul rapporto stretto tra lavoro manuale e cognizioni tecniche e scientifiche. I valori su cui queste ultime si basavano sono quelli della cultura self-helpista, che punta a migliorare le proprie condizioni di vita, potenziando il proprio bagaglio di conoscenze personali. Anche la Chiesa non fu esente dalla partecipazione all’alfabetizzazione e non si oppose mai all’idea di una nazione italiana, impegnandosi piuttosto a difendere l’idea di un “Italia cattolica”.

PEDAGOGIA: "Conoscere le leggi della vita" di Herbert Spencer (pag.383)

1. Quale critica rivolge Spencer alla pedagogia di stampo utilitaristico? Cerca di soddisfare soltanto i bisogni immediati dell’esistenza.

    2. Secondo Spencer nei bambini è istintiva la tendenza a godere delle bellezze naturali e artistiche.

    3. Spencer sostiene come l’utilitarismo possa essere sconfitto sul suo stesso territorio. Per comprendere meglio questa affermazione Spencer afferma come una conoscenza delle leggi della vita risulti più importante di ogni altra conoscenza, in quanto le leggi della vita determinano, oltre ad ogni processo mentale e corporeo, anche ogni altro ambito della realtà quotidiana di ogni individuo. Da una mancata comprensione delle leggi della vita, deriva una mancata realizzazione personale e sociale.

    4. La più importante conoscenza da ottenere secondo Spencer è quella del mondo esterno, derivante da una precedente comprensione delle leggi della vita. I fanciulli vanno incoraggiati a tale conoscenza, in quanto soltanto successivamente all’assimilazione di quest’ultima gli sarà possibile un’organizzazione corretta del loro futuro.

5. Nel panorama del XIX secolo, nello scenario pedagogico europeo iniziano a verificarsi forti cambiamenti, grazie all’avvento della cultura positivista. L’educazione è sempre più ispirata ai principi della modernità scientifica, alimentata dal pensiero di personalità quali Auguste Comte, che ricostruì l’intera storia dell’uomo alla luce della nozione di progresso, o dalle scoperte naturalistiche di Charles Darwin. Scienza e metodo sperimentale divengono quindi le uniche vie principali per accedere alla conoscenza e cambia anche il ruolo dell’uomo nella natura. Anche la stessa educazione rientra all’interno del campo di applicazione delle leggi evolutive: si comincia a parlare di scienza dell’educazione. Il pensiero di Herbert Spencer si sviluppa proprio in quest'ottica: lo studioso è il primo ad elaborare una teoria filosofica di impianto evoluzionista che comporta una rivisitazione del sapere umano. Egli presentò la tesi dell’evoluzione come legge universale, valida per tutti gli ambiti della realtà, parlando quindi per la prima volta di evoluzionismo cosmico. La legge dell’evoluzionismo cosmico poggia su tre caratteristiche specifiche: il passaggio da una forma meno coerente a una più coerente; il passaggio dall’omogeneo all’eterogeneo; il passaggio dall’indefinito al definito. Queste tre caratteristiche poggiano a loro volta su tre principi: l’indistruttibilità della materia, la continuità del movimento e la persistenza della forza. In base a ciò cambia anche la concezione dell’intelligenza umana, vista sempre più come un dato ereditario, derivante da un progressivo accumulo di esperienze. Spencer riteneva che la stessa educazione dell’uomo dovesse svolgersi tenendo conto della sua condizione di “essere naturale“ e dunque lo stesso fine dell’educazione risulta strettamente legato a tale concezione. Hanno pertanto carattere prioritario tutte quelle attività che sono destinate alla conservazione della specie umana. A partire da ciò Spencer riordina anche il tradizionale ordine educativo, dando priorità alla formazione fisica e lasciando un ruolo subalterno alle discipline umanistiche, proponendo un’etica basata sull’adeguamento alle regole naturali.





PEDAGOGIA: positivismo in Italia


 In Italia la cultura positivista giunse con un certo ritardo. A rallentare questo sviluppo furono principalmente due fattori: la mancanza dello sviluppo industriale e la prevalenza di un positivismo dogmatico, incentrato su una visione che riduceva l’uomo a puro e semplice fenomeno della natura e che contrastava pertanto con la tradizione religiosa. La stagione positivista portò ad una modernizzazione dello Stato unitario grazie ai metodi delle scienze sperimentali, che furono utilizzati per combattere i pregiudizi e l’ignoranza e per migliorare le condizioni di vita, soprattutto per quanto riguarda l’igiene. Grande attenzione venne poi riservata all’educazione e discipline come la biologia, la psicologia, la sociologia e l’etica furono utilizzate per fornire all’educazione i dati su cui costituire la pedagogia. La pedagogia rinuncia a elaborare i valori individuali oltre l’esperienza umana per affidarsi invece a leggi dettate dalla scienza sperimentale. 

Il contributo più significativo del positivismo italiano riguarda essenzialmente due aspetti: la diffusione del Self-helpismo, ossia la promozione tra i ceti popolari di una mentalità intraprendente e attiva e in secondo luogo la diffusione di una mentalità critica che, presupponendo la superiorità della scienza e del metodo scientifico, portava ad un apprendimento basato sull’osservazione critica. 

Importanti in tal senso furono le figure di Aristide Gabelli e Pasquale Villari. Ilprimo sosteneva come fosse necessario preparare uomini senza idee preconcette, pronti ad osservare e di esaminare qualunque cosa. Anche Villari presentava una posizione simile, sostenendo come fosse necessario abituare gli individui ad esaminare ogni situazione in modo razionale, elaborando giudizi. I due sostenevano inoltre l’importanza per la disposizione al cambiamento e all’investimento sul futuro. Particolare importanza venne data i ceti popolari disagiati: occorreva interrogarsi sulle cause di tanta miseria e produrre risposte concrete in tal senso.

La modernità porta inoltre lo sviluppo di una nuova considerazione della donna e del panorama dell’istruzione femminile, nella quale vennero comunque privilegiate le competenze pratiche.

A cavallo tra Ottocento e Novecento cambia anche la visione dell’infanzia, vista come un’età da tenere sotto controllo e da disciplinare, in quanto funzionale alla formazione del carattere dell’individuo. Al tempo stesso si sviluppa però una forte attenzione verso fenomeni come lo sfruttamento e il lavoro infantile, oltre che una vera e propria battaglia contro le malattie infantili che provocavano numerose morti. Una vera e propria svolta si ebbe con la nascita della sensibilità puerocentrica, che vedeva il bambino non solo come un oggetto da disciplinare, ma anche come un soggetto da rispettare per le sue caratteristiche proprie. Interessante in tal senso fu la storia di Pinocchio di Carlo Collodi, che, lontana dai cliché tradizionali, rivendicava al bambino il diritto di “essere bambino”. Nel passaggio tra i due secoli la cultura positivista cominciò a evidenziare segni di un tramonto, ritenuta inadeguata a spiegare tematiche come il “senso” della vita, sempre più in voga in tale periodo. 

PEDAGOGIA: la pedagogia speciale


 In questo periodo la pedagogia inizia a fare proprio l’esigenza di conoscenze psicologiche più approfondite, rendendo necessario l’affiancamento dello studio della psicologia. Fu così che verso la metà del XIX secolo si manifestò anche un notevole interesse per l’educazione nei soggetti affetti da deficit psichici. L’“idiota“ viene in questo periodo visto non solo come un soggetto da assistere, ma anche come un individuo da educare nel suo percorso di vita, integrando la pedagogia e le ricerche mediche. La nascita di questo tipo di pedagogia, definita pedagogia speciale, corrisponde all’opera di Itard, il medico che si prese cura di Victor, il ragazzo selvaggio dell’Aveyron. Successivamente iniziarono a manifestarsi le prime iniziative a favore dei sordomuti e dei ciechi, ritenuti i primi soggetti portatori di deficit a poter essere educati. Vennero create anche in Italia, ma più in generale in tutto il panorama europeo, apposite scuole per sordomuti. Più tardi invece avvenne lo sviluppo della pedagogia speciale rivolta ai portatori di handicap psichici, che si deve principalmente alla figura di Eduard Séguin. Se infatti precedentemente il destino dei ritardati era quello di restare assistiti in appositi reparti degli ospedali psichiatrici, senza che si provvedesse ad alcun tentativo di integrazione nella vita normale, Seguin aprì nel 1847 la prima scuola speciale per bambini affetti da ritardi mentale giudicati “recuperabili”. In questo contesto avviò attività di insegnamento appositamente predisposte, ritenendo come l’idiozia, abbandonata a se stessa, potesse soltanto aggravarsi nei suoi sintomi. Qualche decennio più tardi anche Maria Montessori seppe avvalersi del lavoro di Seguin per avviare la sua prima esperienza di lavoro con i ritardati mentali.

PEDAGOGIA: Durkheim e l’educazione


 Anche il sociologo Emil Durkheim riserva notevole attenzione alle questioni educative, concentrandosi sui modi di agire e di pensare collettivi e i loro rapporti con le istituzioni, applicando le leggi dell’evoluzione all’analisi sociale. L’educazione è dunque vista come il frutto dell’ambiente nel quale l’individuo vive e varia a seconda delle condizioni storiche e delle classi sociali: esiste pertanto assoluta dipendenza del sistema formativo della struttura sociale, l’educazione è pertanto considerata un fatto sociale. Secondo Durkheim in ciascun individuo coesistono due esseri: il primo è quello che si potrebbe chiamare l’essere individuale, l’insieme di aspettative, bisogni e desideri; l’altro è un sistema di idee e abitudini, che esprimono non la personalità individuale, bensì il gruppo di appartenenza; si tratta dunque di credenze religiose, pratiche morali e tradizioni. L’insieme di queste due parti dell’essere forma l’essere sociale, scopo finale dell’educazione.

In tali termini risulta fondamentale il ruolo della scuola, che costituisce la struttura sociale più importante insieme alla famiglia per l’educazione. La scuola contribuisce all’attuazione di due principali compiti educativi: riproduzione e integrazione. Essa riproduce infatti il sistema di idee esterno e al tempo stesso assicura l’integrazione dei giovani nella struttura sociale. Il modello educativo proposto da Durkheim, porta avanti  inoltre l’idea della creazione di “abitudini”, ovvero disposizioni ad agire in modo socialmente accettato. La prospettiva di Durkheim vede dunque le regole sociali e l’educazione come i fattori in grado di modellare la personalità dell’individuo nella prospettiva della sua integrazione sociale.

PEDAGOGIA: pedagogia tra progresso ed evoluzionismo, Herbert Spencer


 Con la metà del XIX secolo, nello scenario pedagogico europeo iniziano a verificarsi forti cambiamenti, grazie all’avvento della cultura positivista. L’educazione è sempre più ispirata ai principi della modernità scientifica, alimentata dal pensiero di Auguste Comte. Lo studioso ricostruì l’intera storia dell’uomo alla luce della nozione di progresso: inizialmente l’uomo interpretava i fenomeni a partire dalla religione, successivamente riesce ad arrivare alle spiegazioni metafisiche e soltanto infine riesce, grazie alla comprensione scientifica, ad arrivare al ragionamento deduttivo. Scienza e metodo sperimentale divengono quindi le uniche vie principali per accedere alla conoscenza. Il secondo principio di notevole importanza di cui si fa esperienza in questo periodo è la nozione di evoluzione, a partire dalle scoperte naturalistiche di Charles Darwin. Cambia così il ruolo dell’uomo nella natura, quest’ultimo viene infatti posto non più come sovrano, ma come esito di un complesso gioco di forze naturali. Anche la stessa educazione rientra all’interno del campo di applicazione delle leggi evolutive: si comincia a parlare di scienza dell’educazione, finalizzata a garantire l’ordinato sviluppo della società; dunque l’educazione inizia a dover trasmettere non solo nozioni, ma anche valori reputati socialmente utili (disciplina, rispetto delle gerarchie sociali, igiene). 

In tali termini importante è il pensiero di Herbert Spencer, il quale elaborò per primo una teoria filosofica di impianto evoluzionista che comportò una rivisitazione del sapere umano. Egli presentò la tesi dell’evoluzione come legge universale, valida per tutti gli ambiti della realtà, parlando quindi per la prima volta di evoluzionismo cosmico. La legge dell’evoluzionismo cosmico poggia su tre caratteristiche specifiche: il passaggio da una forma meno coerente a una più coerente; il passaggio dall’omogeneo all’eterogeneo; il passaggio dall’indefinito al definito. Queste tre caratteristiche poggiano a loro volta su tre principi: l’indistruttibilità della materia, la continuità del movimento e la persistenza della forza. In base a ciò cambia anche la concezione dell’intelligenza umana, vista sempre più come un dato ereditario, derivante da un progressivo accumulo di esperienze. Anche gli stessi schemi logici, non sono visti come frutto di interiorizzazione personali, bensì come frutto di assimilazione biologica e psicologica di selezioni e adattamenti. Spencer riteneva che la stessa educazione dell’uomo dovesse svolgersi tenendo conto della sua condizione di “essere naturale“ e dunque lo stesso fine dell’educazione risulta strettamente legato a tale concezione. Hanno pertanto carattere prioritario tutte quelle attività che sono destinate alla conservazione della specie umana. A partire da ciò Spencer riordina anche il tradizionale ordine educativo, dando priorità alla formazione fisica e lasciando un ruolo subalterno alle discipline umanistiche, proponendo un’etica basata sull’adeguamento alle regole naturali.

giovedì 18 febbraio 2021

SOCIOLOGIA: domande pag. 355, 356,358

 355

  • Nel momento in cui un immigrato confronta le proprie usanze con quelle del paese in cui si è trasferito, denota importanti differenze culturali causate dal contatto con realtà molto diverse da quelle cui è abituato e ne possono derivare disagi sociali notevoli.
  • La società multiculturale è una società all’interno della quale convivono popolazioni con tradizioni differenti, molte volte contrastanti se non addirittura apparentemente incompatibili.
  • L’alternativa è la multiculturalità e l’assimilazione degli immigrati nella cultura di accoglienza.

356

  • Il dibattito sulle differenze sociali nasce negli anni 70 in Nordamerica. Le categorie discriminate iniziano a denunciare le pressioni subite e a richiedere trattamenti più equi, partendo da una maggiore inclusione sociale sulla base dell’uguaglianza di tutto il genere umano.
  • Le critiche che vengono rivolte alla democrazia liberale occidentale riguardano il fatto che quest’ultima propone concetti che storicamente finiscono per avvantaggiare direttamente soltanto le Elite dominanti.
  • La logica dell’uguaglianza viene rifiutata in quanto intesa come assimilazione al modello dominante e viene invece proposta la differenza come valore in quanto essa corrisponde alla volontà di ottenere riconoscimenti effettivi a sostegno delle diversità.

358

  • Le minoranze nazionali in Europa cercano inclusione lavorativa, ma anche migliore inserimento a livello sociale, costruendo comunità, associazioni, reti familiari e di vicinato, al fine di sentirsi più presenti e di poter manifestare la loro tradizione di origine.
  • Il multiculturalismo è un modello di convivenza interetnica e interculturale fondato sulla valorizzazione delle differenze.
  • Il multiculturalismo rappresenta una sfida per le società occidentali in quanto si basa sulla convinzione che a tutte le culture debba essere riconosciuto uguale valore, dunque nessuna ha motivo di avanzare pretese di superiorità sulle altre e questo implica il riconoscimento di pari dignità alle singole identità culturali, siano esse più grandi o più piccole.

SOCIOLOGIA: differenze culturali e multiculturalismi


 Uno dei principali effetti della globalizzazione, derivante dall’imponente flusso migratorio, riguarda le differenze culturali tra civiltà lontane. Queste ultime sono sempre esistite, ma la lontananza impediva che nascessero conflitti sociali. Con l’intensificazione del flusso migratorio, è stato provocato un rimescolamento di culture di imponenti dimensioni. Il patrimonio culturale di ciascuno entra infatti in contatto con realtà molto diverse e possono derivarne disagi culturali e sociali notevoli. Nasce quindi il problema sociale della conciliazione tra differenze culturali. I flussi migratori possono infatti innescare situazioni conflittuali: ogni persona porta con sé delle pratiche culturali che considera irrinunciabili e che spesso non sono compatibili con la nuova società, si genera pertanto una condizione di disagio. L’attuale fenomeno dell’immigrazione di massa ha prodotto la compresenza di tradizioni molto diverse in uno stesso spazio politico e sociale; gli Stati occidentali hanno cercato di garantire la valorizzazione della multiculturalità, considerando le differenze sociali individuali come un valore positivo. Questo aspetto però è il frutto di anni di lotte culturali che iniziano con il dibattito sulle differenze culturali degli anni 70 in Nordamerica. Categorie da sempre discriminate hanno infatti iniziato a denunciare con forza le pressioni subite in passato, chiedendo trattamenti più equi, tra cui una maggiore inclusione sociale sulla base dell’uguaglianza di tutto il genere umano. 

La democrazia liberale, prevede che per legge i cittadini debbano godere degli stessi diritti e doveri. Tuttavia spesso gli eventi storici non hanno saputo corrispondere a tale concezione, avvantaggiando soltanto l’Elite dominanti, il cui accesso è più facile a posizioni e professioni di maggiore prestigio. Il concetto di differenza come valore, non corrisponde quindi all’assimilazione al mondo dominante, ma alla volontà degli individui di ottenere riconoscimenti effettivi a sostegno delle diversità.

Con il tempo ha perso inoltre credibilità l’idea di poter ottenere una società perfettamente amalgamata, infatti i molteplici gruppi etnici, anziché fondersi rivendicano il diritto di conservare le proprie tradizioni d’origine. A tutela di ciò nasce il multiculturalismo, ossia un modello di convivenza interetnica e interculturale fondato sulla valorizzazione delle differenze e sul fondamento secondo cui a tutte le culture deve essere riconosciuto il medesimo valore.

SOCIOLOGIA: l’antiglobalismo


 L’intensificarsi e il modificarsi delle relazioni sociali, ha portato però anche un senso di insicurezza e di perdita dei punti di riferimento che davano stabilità al mondo sociale del passato. Con l’indebolimento degli Stati nazionali, molte culture locali hanno riacquistato forza e autonomia e, trovandosi esposte di continuo al bombardamento di informazioni, hanno sentito la necessità di trovare delle conferme e dei rinforzi in ambienti sociali definiti familiari, così da poter definire un proprio senso di appartenenza ad una comunità. Parallelamente è cresciuto anche il movimento cosiddetto “no global“ che si batte contro la globalizzazione, o almeno contro le modalità tramite cui essa si sta diffondendo. Il movimento no global sostiene infatti come procedendo in questa maniera, si finirà per concentrare ancora di più il potere e il benessere nelle mani di una piccolissima porzione della popolazione mondiale che già li possiede: le classi agiate dei paesi industrializzati. Il movimento no global è riuscito a trovare delle forme d’azione efficaci, seppur violente, che trovano esempio, per citarne uno, nella riunione del G8 a Genova nel 2001. I no global non sono riusciti a modificare la tendenza alla globalizzazione, già esageratamente avviata, ma sono stati in grado di portare avanti il problema delle differenze tra mondo povero e mondo ricco e la necessità di guidare la globalizzazione verso scenari più equi. 

SOCIOLOGIA: la globalizzazione e le sue forme


 La globalizzazione rende i contatti tra le persone indipendenti dalla distanza fisica, permettendo loro di essere connesse in modo molto più ampio e creando pertanto uno stato di connettività complessa. La globalizzazione trasforma dunque in modo radicale le coordinate di fondo della società e della vita quotidiana di ognuno creando un’accresciuta consapevolezza anche per quanto riguarda la cornice sociale di vita. Lo stato di connettività complessa presenta delle conseguenze sociali molto importanti: il mondo sta infatti rapidamente diventando uno spazio sociale ed economico comune. Per la prima volta gli esseri umani riescono infatti a percepire nella loro esperienza quotidiana la finitezza del globo terrestre, che non è più quindi percepito come uno sterminato mondo da esplorare. Siamo sempre più vicini alla costituzione di un’unica società umana globale, definita transnazionale, in quanto si afferma indipendentemente dalla volontà dei singoli Stati, che perdono di importanza poiché i soggetti sociali non devono più fare i conti con le esigenze e la volontà di questi ultimi. Chiaramente la globalizzazione produce effetti anche indesiderati, come sentimenti xenofobi e razzisti e contribuisce ad aumentare la distanza tra benestanti e privilegiati: chi infatti ha accesso a Internet è inserito nel sistema economico, tutti gli altri ne restano esclusi.


La globalizzazione coinvolge essenzialmente tutti i cinque più importanti ambiti sociali: 

  • INFORMAZIONE: Possiamo fare esperienza diretta di ciò che accade in paesi lontani, grazie a forti reti di comunicazione che permettono la diffusione di informazioni, ma anche di contenuti simbolici.
  • ECONOMIA: Nessuna nazione può considerarsi autonoma dall’economia degli altri paesi. Relativamente al commercio abbiamo assistito all’abolizione dei dazi che hanno favorito un’esplosione dei commerci mondiali. Anche il lavoro è stato globalizzato, infatti è più facile produrre merci sfruttando manodopera che risiede in paesi dove le retribuzioni sono più basse. Anche gli scambi i flussi finanziari sono aumentati grazie al denaro elettronico.
  • POLITICA: Stiamo assistendo ad una perdita di potere dello Stato nazionale, a favore di un potere di tipo sempre più transnazionale. Ogni singolo Stato è sempre più parte di una attiva comunità globale.
  • ECOLOGIA: Le risorse del pianeta non sono più considerate di sola pertinenza delle autorità locali e nazionali. È interesse di tutti che l’ambiente venga danneggiato il meno possibile ed è dunque necessario avviarsi verso una nuova sensibilità alle problematiche di inquinamento e rischio ambientale.
  • CULTURA: Inizialmente la globalizzazione proponeva un’uniformazione ad un’unica cultura globale. Tuttavia negli ultimi anni siamo arrivati a dinamiche di tipo opposto, che coincidono con una maggiore espressione di culture locali, che trovano il modo di diffondersi su scala globale.


SOCIOLOGIA: le comunità locali e la globalizzazione


 Tutte le società si organizzano al loro interno tenendo conto dei vincoli dello spazio e del tempo. Tali nuclei di società, definiti dall’appartenenza ad una stessa zona geografica, sono definiti comunità locali. Le comunità locali si caratterizzano per legami sociali particolarmente forti: l’appartenenza a una comunità locale è infatti fonte di identificazione sociale per gli individui che la abitano. Negli ultimi decenni esse hanno subito forti cambiamenti conseguentemente alla globalizzazione. In generale però tali cambiamenti iniziano con i processi di industrializzazione e modernizzazione della società, che hanno comportato una riduzione di importanza delle comunità locali. Nella società preindustriale i legami sociali erano molto forti, poiché condensati in un’area geografica ristretta e il palcoscenico della vita sociale era il villaggio rurale. Con l’avvento dell’industrializzazione la principale unità territoriale diviene invece la grande città, in cui i legami sociali non sono profondi e gli individui convivono in spazi molto stretti, basando le proprie relazioni su regole anonime e ruoli personali. Nonostante ciò le comunità locali rimangono dei punti di riferimento per i soggetti: il fatto di vivere in un certo territorio diviene per le persone fonte di identificazione. La forma territoriale tipica della società industriale è la città, da sempre indice di un potere statale centrale, a cui singoli e le comunità locali sottostanno. Fin dal XIX secolo sociologi come Georg Simmel hanno messo in luce la caratteristica peculiare della città: gli individui sono continuamente sottoposti a un bombardamento di stimoli e chiamati all’interazione con gli altri individui, elaborano pertanto una “difesa” che consiste nella selezione degli stimoli e nel contenimento delle proprie reazioni. La città prevede infatti una grande razionalizzazione della vita umana in cui si vanno a risparmiare tempo ed energie, producendo di più e in cui si riesce a far convivere un alto numero di individui. La conseguenza di ciò è però quella di un’uniformazione dei rapporti umani. La società urbana è inoltre caratterizzato da una forte eterogeneità, essendo infatti un luogo cosmopolita in cui non si verifica l’omogeneità culturale delle comunità locali. 

Sul finire del XX secolo si assiste al via del fenomeno di globalizzazione. La città infatti rimane sempre aperta a nuovi arrivi dall’esterno, superando i limiti delle relazioni sociali tradizionali e creando un mondo cosmopolita. La globalizzazione consiste quindi in rapporti sociali più stretti senza avere bisogno di uno spazio fisico urbano per avvenire. Nella società globalizzata lo spazio perde quindi l’importanza.

PEDAGOGIA: Celestin Freinet

  Celestin Freinet pensa ad una “nuova società” e ad un “nuovo uomo”. Questa immagine si basa sulla valorizzazione delle risorse personali d...