venerdì 19 febbraio 2021

PEDAGOGIA: positivismo in Italia


 In Italia la cultura positivista giunse con un certo ritardo. A rallentare questo sviluppo furono principalmente due fattori: la mancanza dello sviluppo industriale e la prevalenza di un positivismo dogmatico, incentrato su una visione che riduceva l’uomo a puro e semplice fenomeno della natura e che contrastava pertanto con la tradizione religiosa. La stagione positivista portò ad una modernizzazione dello Stato unitario grazie ai metodi delle scienze sperimentali, che furono utilizzati per combattere i pregiudizi e l’ignoranza e per migliorare le condizioni di vita, soprattutto per quanto riguarda l’igiene. Grande attenzione venne poi riservata all’educazione e discipline come la biologia, la psicologia, la sociologia e l’etica furono utilizzate per fornire all’educazione i dati su cui costituire la pedagogia. La pedagogia rinuncia a elaborare i valori individuali oltre l’esperienza umana per affidarsi invece a leggi dettate dalla scienza sperimentale. 

Il contributo più significativo del positivismo italiano riguarda essenzialmente due aspetti: la diffusione del Self-helpismo, ossia la promozione tra i ceti popolari di una mentalità intraprendente e attiva e in secondo luogo la diffusione di una mentalità critica che, presupponendo la superiorità della scienza e del metodo scientifico, portava ad un apprendimento basato sull’osservazione critica. 

Importanti in tal senso furono le figure di Aristide Gabelli e Pasquale Villari. Ilprimo sosteneva come fosse necessario preparare uomini senza idee preconcette, pronti ad osservare e di esaminare qualunque cosa. Anche Villari presentava una posizione simile, sostenendo come fosse necessario abituare gli individui ad esaminare ogni situazione in modo razionale, elaborando giudizi. I due sostenevano inoltre l’importanza per la disposizione al cambiamento e all’investimento sul futuro. Particolare importanza venne data i ceti popolari disagiati: occorreva interrogarsi sulle cause di tanta miseria e produrre risposte concrete in tal senso.

La modernità porta inoltre lo sviluppo di una nuova considerazione della donna e del panorama dell’istruzione femminile, nella quale vennero comunque privilegiate le competenze pratiche.

A cavallo tra Ottocento e Novecento cambia anche la visione dell’infanzia, vista come un’età da tenere sotto controllo e da disciplinare, in quanto funzionale alla formazione del carattere dell’individuo. Al tempo stesso si sviluppa però una forte attenzione verso fenomeni come lo sfruttamento e il lavoro infantile, oltre che una vera e propria battaglia contro le malattie infantili che provocavano numerose morti. Una vera e propria svolta si ebbe con la nascita della sensibilità puerocentrica, che vedeva il bambino non solo come un oggetto da disciplinare, ma anche come un soggetto da rispettare per le sue caratteristiche proprie. Interessante in tal senso fu la storia di Pinocchio di Carlo Collodi, che, lontana dai cliché tradizionali, rivendicava al bambino il diritto di “essere bambino”. Nel passaggio tra i due secoli la cultura positivista cominciò a evidenziare segni di un tramonto, ritenuta inadeguata a spiegare tematiche come il “senso” della vita, sempre più in voga in tale periodo. 

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