venerdì 28 maggio 2021

PEDAGOGIA: Celestin Freinet


 Celestin Freinet pensa ad una “nuova società” e ad un “nuovo uomo”. Questa immagine si basa sulla valorizzazione delle risorse personali degli alunni, sul rispetto della loro fantasia e sulla creatività e socializzazione, oltre che sulla partecipazione attiva alla vita sociale. Il progetto pedagogico di attività sperimentale che svolge con i suoi allievi è fondato su apposite tecniche: il testo libero, il giornale scolastico e la tipografia in classe. La prima tecnica, il testo libero, si basa sull’esperienza concreta in cui l’alunno scrive senza alcuna costrizione. Esso confluisce poi nel testo libero collettivo, esito di una discussione tra gli alunni. Fondamentale è anche il giornalino scolastico, seconda tecnica, che diventa oggetto di scambio con gli alunni di altre scuole attraverso la corrispondenza Interscolastica, promuovendo in questo modo l’apprendimento individuale.

La scuola proposta da Freinet è inoltre una scuola popolare, che si presenta come soggetto attivo in termini di presenza sociale e culturale. È una scuola che, agendo su più livelli, orienta l’individuo verso un pensiero creativo ed autonomo. 

Le tecniche di Freinet, combinate in modo da rispondere alle diverse esigenze dell’ambiente degli allievi, possono produrre differenti soluzioni didattiche innovative. Importante è infine il ruolo degli insegnanti, i quali hanno un ruolo trainante nell’edificazione della futura società. Come conseguenza vi è quindi la  formazione di nuove personalità capace di identificarsi nei bisogni quotidiani, nella partecipazione alla vita del popolo e nella capacità di cooperare.




PEDAGOGIA: Jacques Maritain


 Alla base della concezione filosofico teologica di Maritain, vi è il concetto di umanesimo integrale. Secondo il pedagogista, l’uomo è un essere dotato di ragione la cui suprema dignità consiste nell’intelligenza. È un umanesimo che valorizza tutto l’essere umano, rispettoso dell’integralità della persona e che accetta quanto di positivo c’è nelle diverse concezioni dell’essere umano. 

Maritain propone un ideale storico concreto da individuare attraverso una pars destruens e una pars costruens. 

Entro quest’orizzonte si inserisce l’educazione al bivio. Di fronte all’educazione contemporanea si presentano due vie: da un lato, l’essere umano è colto come individuo nella sua finitezza; dall’altro, è la sua persona proiettata verso l’infinito.

In modo particolare i soggetti dell’educazione sono due: l’educando e l’educatore. L’educazione dell’essere umano è necessariamente anche l’educazione del cittadino.

L’educazione viene pertanto vista come un processo-evento che si compie entro la dimensione umana e non come un assemblaggio di tecniche. Si tratta dunque di un’educazione integrale fatta coincidere con “l’educazione liberale”. Secondo Maritain sarebbe infine utile ripristinare nei moderni corsi di studio gli obiettivi a suo tempo perseguiti con gli  studi medievali, così da assicurare a tutti i giovani una formazione culturale disinteressata.

SOCIOLOGIA: crisi del Welfare State e Welfare State oggi


 La crisi del Welfare è causata dal fatto che la società non possiede sempre le risorse necessarie per garantire ai cittadini una protezione sociale estesa e capillare e questo è dovuto specialmente al fenomeno dell’invecchiamento demografico. Negli ultimi anni gli anziani hanno avuto un importante crescita di numero e parallelamente si è verificato un ritardo sempre più accentuato  dell’ingresso nel mondo del lavoro da parte dei giovani. La combinazione tra questi due fenomeni ha dunque portato ad una crisi del Welfare: mancano i cittadini che possano finanziare tramite il loro lavoro il pagamento delle pensioni dei più anziani.

La crisi del Wlfare State è stata aggravata dalla crisi dell’organizzazione dei servizi e dall’eccessiva burocratizzazione dei servizi sociali, che è stata una fonte di spesa per lo Stato.

L’insieme di questi fattori ha comportato per i paesi occidentali una profonda riorganizzazione delle politiche sociali. Lo Stato sociale attuato tra la fine della seconda guerra mondiale e gli anni 70 del XX secolo, viene chiamato “fordista”, per il suo stretto legame con il sistema produttivo di quel periodo e aveva natura passiva. Lo Stato corrispondeva infatti all’individuo un indennizzo: il suo intervento era dunque di natura riparatoria. Oggi invece, nel momento in cui viene erogato un sussidio monetario, viene chiesto agli individui qualcosa in cambio, anche se non sotto forma monetaria. In questo modo le persone diventano protagoniste attive nella realizzazione del Welfare, di cui risultano essere beneficiarie. Il Welfare a questo punto viene definito Welfare attivo o promozionale, in quanto promuove le persone investendo su di loro. L’efficacia degli attuali politiche sociali è quindi in stretta relazione con il comportamento individuale.

Le principali politiche sociali dei paesi occidentali riguardano essenzialmente tre ambiti generali: la previdenza sociale, l’assistenza sociale e l’assistenza sanitaria.

La previdenza sociale consiste in alcune misure che cercano di prevenire conseguenze negative in eventi critici come la malattia, l’infortunio o il decesso del coniuge.

La parte più consistente delle politiche previdenziali riguarda le pensioni, considerate di legittima spettanza al raggiungimento di un certo limite di età. L’accesso alla previdenza è regolato in modi diversi in base allo stato in cui ci si trova. In alcuni casi è subordinato alla partecipazione al mercato del lavoro: il lavoratore autofinanzia le sue prestazioni previdenziali versando allo Stato una quota del proprio salario e , se non ha mai lavorato non potrà averne diritto. Vi sono poi regimi in cui viene garantita ai cittadini una copertura indipendentemente dal fatto che sia stati lavoratori o meno. 

L’assistenza sociale consiste invece in un insieme di interventi di sostegno, volti ad assistere i cittadini che si trovano in stato di povertà, di emarginazione di devianza. L’assistenza sociale funziona attraverso la creazione della rete di servizi alla persona e  svolge un’azione di prevenzione. 

Vi è infine l’assistenza sanitaria, che consiste invece nella realizzazione del finanziamento di strutture ospedaliere e nell’erogazione di prestazioni finalizzate a curare e prevenire le malattie.



PEDAGOGIA: Maria Montessori


 Maria Montessori è il simbolo dell’educazione nuova. La sua teoria pedagogica di fonda sull’ipotesi che i materiali forniti ai bambini anormali potessero essere la base per nuove forme di educazione anche dei soggetti normali. Decise così di aprire delle scuole infantili, denominate case dei bambini nel popolare quartiere romano di San Lorenzo. Nelle sue opere presentò l’esperimento del quartiere di San Lorenzo, descrivendo le case dei bambini, frutto di osservazioni e scelte compiute sul campo, definite “laboratorio di psicologia”. Queste nuove scuole erano destinate ai bambini di età compresa tra i tre e i sei anni e si caratterizzavano per l’organizzazione dell’ambiente a misura di bambino. Arredo scolastico e materiali didattici erano predisposti in modo tale che ogni elemento potesse essere agevolmente maneggiato e spostato. Gli oggetti erano quindi offerti alla libera scelta degli allievi.

Veniva inoltre abolito il banco, sostituito da un piccolo tavolino. L’insegnante non aveva peraltro un compito direttivo, bensì di consiglio, aiuto e sostegno. Un secondo aspetto riguarda il materiale didattico, venivano utilizzati blocchi, tavolette, figure e solidi geometrici, tutti oggetti che servivano a sviluppare la capacità logiche di avvio alla lettura, al calcolo e alla misura.

Nella scelta del materiale ogni fanciullo procedeva nei suoi tentativi come meglio credeva.

Maria Montessori utilizza inoltre un’espressione propria del linguaggio astronomico, le “nebule”, per indicare specifiche sensibilità che si risvegliano nel corso dello sviluppo psichico.

La mente del bambino viene definita come “assorbente”, per il suo straordinario potere di assimilazione, collegato alla creatività, alla fantasia e al gioco.

La pedagogia montessoriana è una pedagogia elaborata a partire da esperienze reali che trova forma nel triangolo bambino-ambiente-insegnante.

Il bambino va dunque posto nelle condizioni di poter gestire liberamente le risorse che gli vengono messe a disposizione, puntando sulla sua autoeducazione. Il progetto costruttivo di Montessori è basato sul rispetto della personalità del bambino e sulla predisposizione di sviluppo. Decisiva è la funzione dell’ambiente: quanto più esso offre stimoli, tanto maggiore sarà la sua parte educativa. Deve essere quindi un ambiente misurato negli stimoli e proporzionato alle forze fisiche e psichiche del bambino. 

Maria Montessori si confronta inoltre con le tesi psicoanalitiche di Sigmund Freud, condividendo l’elemento significativo per la formazione della personalità. Attualmente esistono circa 22.000 scuole, distribuite in più di 100 paesi del mondo.

PEDAGOGIA: John Dewey


 John Dewey propone per la prima volta una nuova concezione della pedagogia, appoggiandosi a un proprio laboratorio di psicologia e pedagogia sperimentale, che aveva sede a Chicago.

All’interno dei suoi primi scritti pedagogici, stabilisce come l’educazione sia un processo attraverso cui l’individuo assimila le conoscenze conquistate dall’umanità nel suo cammino storico. È compito dell’educatore procedere alla stimolazione e al rafforzamento della potenzialità individuali dell’alunno. 

La scuola è secondo Dewey organizzata a partire dai bisogni e dagli interessi infantili, funzionando come una piccola comunità nella quale si riproducono le caratteristiche della vita sociale esterna. La scuola è quindi concepita in forma progressiva, presupponendo uno sviluppo graduale dell’allievo. 

L’educazione è vista come un’attività sociale basata sull’esperienza che viene presentata come l’intreccio permanente tra essere umano e natura: fatti fisici e operazioni mentali non sono quindi che eventi empirici, in cui il pensiero si configura come lo strumento necessario per agire, risolvendo i problemi mediante la capacità riflessiva. Alla base della pedagogia di Dewey sono due concetti fondamentali: la nozione di esperienza e il principio della società democratica. 

Per quanto riguarda il primo punto, il pensiero è sinonimo dell’inversione dell’esperienza col fine di trasformarla, conoscenza e azione sono dunque due concetti intimamente connessi.

Secondo Dewey è quindi necessario che l’educatore sappia creare le condizioni ambientali idonee affinché le capacità personali, i desideri e i bisogni dell’individuo vengano a manifestarsi in esperienze educative.

L’altro principio fondamentale della sua pedagogia si ritrova nel principio della vita democratica. Se la società democratica è il prodotto dell’intelligenza degli uomini, l’educazione dell’intelligenza costituisce un fattore decisivo per la vita della democrazia. Lo stretto rapporto tra democrazia ed educazione è alla base della relazione interattiva tra scuola e società. La scuola deve puntare alla valorizzazione dell’individuo secondo le sue potenzialità.

Dewey diventò uno dei principali portatori di rinnovamento educativo nel nome dei diritti dell’infanzia e della concezione democratica della scuola. La sua concezione era rigorosamente pragmatista ed empirica, cinonostante questo non gli impedisce di riconoscere le finalità etiche dell’educazione individuate nei valori del metodo scientifico. Attraverso l’educazione questi valori devono avviare l’umanità verso una nuova forma di religiosità laica, una nuova fede per le società moderne. Lavorare in vista della formazione di un fanciullo attivo, significava affermare una coscienza consapevole, capace di pensare in modo critico e dunque di essere parte responsabile di una comunità sociale.

SOCIOLOGIA: comunicazione e linguaggio


 La comunicazione è a tutti gli effetti l’anima della società: vivere insieme agli altri e comunicare sono due aspetti interdipendenti. Nei processi di comunicazione vengono messi in comune dei significati; con significato si intende la rappresentazione psichica e mentale di un oggetto. Comunicare significa dunque mettere in comune con gli altri interlocutori delle rappresentazioni mentali di oggetti e situazioni. La comunicazione è quindi una forma fondamentale di interazione sociale in cui gli individui si scambiano dei significati. Affinché questo possa avvenire sono necessarie delle condizioni di base:

  • Canale: si tratta della prima condizione di esistenza della comunicazione che stabilisce la presenza di almeno due persone che entrano in contatto tra loro.
  • Messaggio: tramite il messaggio i significati vengono messi in comune tra gli interlocutori.
  • Codice comune: si tratta della terza condizione, ovvero della presenza di un linguaggio condiviso tra gli interlocutori che possa tradurre in qualcosa di materiale e percepibile i messaggi.
  • Volontà o intenzione di comunicazione: l’esistenza di questa quarta condizione determina la partecipazione e l’interazione tra soggetti coinvolti.

Tra le condizioni fondamentali della comunicazione vi è sicuramente l’esistenza del codice condiviso tra i soggetti che interagiscono, in tal senso il linguaggio e la lingua risultano essere il più complesso è il più prezioso tra tutti. Il linguaggio è infatti l’applicazione concreta di un codice con lo scopo di comunicare. Non si tratta mai di un carattere naturale, anzi di una convenzione sociale, un tipico esempio di istituzionalizzazione: i comportamenti condivisi si cristallizzano diventando regole da rispettare. Durkheim definisce pertanto il linguaggio una tipica istituzione sociale, in quanto appare alle persone esterno e coercitivo rispetto alla loro volontà.

Nel corso del tempo, parallelamente al progresso e allo sviluppo tecnologico, si sono andati a sviluppare numerose forme di comunicazione differenti, che coinvolgono sempre di più gli individui in maniera sempre  diretta, ma più passiva. Si tratta di fenomeni corrispondenti alla nascita della televisione, della radio o del cinema, spesso visti come forme di intrattenimento e nell’era più moderna la nascita di Internet, che permette di mettere in comunicazione persone che si trovano anche a larga distanza.

SOCIOLOGIA: welfare state


 A partire dall’età moderna, quindi dal XVIII secolo, gli abitanti dell’Inghilterra vengono per la prima volta riconosciuti come cittadini, ai quali spettano di conseguenza i cosiddetti “diritti civili”. Ognuno, per il solo fatto di esistere in quanto cittadino, merita il diritto a condurre una vita dignitosa. È proprio questo uno dei principi su cui si regge il modello base degli Stati occidentali. A partire da il XIX e il XX secolo, la cittadinanza si è poi ampliata fino a includere anche i diritti politici. 

L’insieme di tutti gli interventi pubblici attraverso cui lo Stato mira ad attuare i diritti sociali dell’individuo viene denominato Welfare State, che letteralmente significa “stato di benessere” o “Stato sociale”. Si tratta di un tipo di Stato che si fa carico del benessere dei suoi cittadini, garantendo loro gli standard minimi di vita rispetto al reddito, alla salute, all’abitazione, all’educazione e si propone di tutelare tutti i momenti della vita più critici, come l’infanzia, la maternità e la vecchiaia.

Le prime leggi sulla previdenza e assistenza pubblica vennero emanate tra il 1883 e il 1889 in Germania, dal cancelliere Bismark. Bismark istituì delle assicurazioni sociali obbligatorie, corrispondenti all’obbligo per il lavoratore e l’imprenditore di versare allo Stato una quota del proprio salario in cambio di indennizzi monetari, nel caso di eventi ritenuti critici. L’intervento di Bismark modificò la concezione dello Stato, per la prima volta infatti, si ritenne che lo Stato dovesse intervenire in difesa del benessere dei propri cittadini. Dopo la fine della seconda guerra mondiale, questa logica si estese a tutti gli altri paesi europei.  Ciò avvenne anzitutto in Inghilterra, uno dei paesi a industrializzazione più avanzata. 

Precisamente la nascita del Welfare State si fa coincidere con la nascita del rapporto Beveridge, nel 1942, un documento redatto dall’economista William Beveridge. Questo rapporto trova azione con la creazione di un servizio medico nazionale gratuito per tutti cittadini e con l’adozione di altri provvedimenti sociali, tra i quali l’indennità di disoccupazione, e l’innalzamento delle pensioni. Ne derivò un aumento della spesa pubblica, finanziato da un aumento del prelievo fiscale.

Dal sistema di Welfare State nasce quindi una forma di redistribuzione delle risorse economiche dello Stato, che si assume il compito di prelevare una quota di ricchezza dai cittadini più agiati, redistribuendola ai più poveri.

Il modello di Welfare proposto dal rapporto Beveridge, si diffuse velocemente in tutti i paesi europei, per poi affermarsi anche in quelli esterni, come gli Stati Uniti o l’Australia e ad oggi è ritenuto un componente essenziale della società europea. 

Soprattutto negli anni Ottanta e Novanta però, il Welfare State è entrato in una fase di crisi piuttosto acuta. Le ragioni di tale crisi sono diverse:

  • Crisi di ordine finanziario: l’assistenza sociale e sanitaria iniziano a costare troppo;
  • Crisi di organizzazione: lo Stato non riesce a garantire servizi sufficienti ai cittadini;
  • Crisi di legittimità: l’opinione pubblica ritiene che non è più opportuno impiegare le risorse nel sistema del Welfare, ma piuttosto in altri interventi (la sicurezza pubblica, lo sviluppo economico, ecc...). 




PEDAGOGIA: Celestin Freinet

  Celestin Freinet pensa ad una “nuova società” e ad un “nuovo uomo”. Questa immagine si basa sulla valorizzazione delle risorse personali d...