domenica 27 dicembre 2020

PEDAGOGIA: Antonio Rosmini e Don Bosco




 Nei decenni precedenti all’unificazione dell’Italia, forte diventò la presenza e l’importanza dei pedagogisti e degli educatori di formazione cattolico liberale, i quali ritenevano possibile la conciliazione tra la fede religiosa e liberalismo politico. La personalità di maggior spicco tra i cattolici liberali fu Antonio Rosmini, nato a Rovereto nel 1797. Rosmini elaborò un pensiero basato essenzialmente sulla salvaguardia della dimensione trascendente dell’antropologia cristiana, partendo dalla meditazione sull’uomo. Interessanti furono le sue riflessioni sul concetto di persona, fulcro della sua concezione filosofica: Rosmini affermò infatti una visione spiritualistica della persona in cui l’uomo è immagine di Dio ed emerge come valore intrinseco. Egli rinnovò alcune istanze fondamentali dell’educazione cristiana, vedendo l’uomo come insieme di principio unitario di intelligenza, di sentimento e di volontà. L’uomo è dunque capace di intendere, di sentire e di volere ed è proprio nel perfezionamento della volontà che si perfeziona l’uomo sul piano morale, ma anche integrale. La pedagogia viene dunque vista come la disciplina in grado di “ordinare la vita dell’uomo”. L’educazione e l’istruzione diventano dunque necessità e sono viste pertanto come diritti inalienabili della persona. Con il suo pensiero fortemente antropologico, Rosmini antepose la formazione della persona a quella del cittadino.

Proprio i cattolici liberali, come Rosmini, sostennero un progetto che si basava sull’idea di sottrarre l’organizzazione scolastica alle congregazioni religiose per ricondurla sotto il controllo dello Stato. L’intervento dello Stato era infatti visto come una garanzia affinché l’educazione della persona fosse effettivamente riconosciuta come un diritto. 

Fu inoltre predisposto un vasto piano per la preparazione degli insegnanti.

Nel frattempo a Torino nel 1846 venne avviato da don Giovanni Bosco un oratorio per giovani, che rispettava perfettamente le definizioni di quella che era la “pedagogia povera“. Tre erano i principi attorno ai quali si basava l’ideologia di Don Bosco: 

  • Prendersi cura dei giovani;
  • L’educazione preventiva: la società doveva prendersi cura dei giovani predisponendo apposite iniziative al loro servizio; 
  • La valorizzazione del tempo libero, che doveva essere educativo; 

Negli ultimi decenni dell’800, lo scenario educativo si arricchì ulteriormente grazie agli apporti dei socialisti, i quali miravano a sviluppare nell’individuo forti sentimenti altruistici, fondando una coscienza basata sulla solidarietà e ispirata ai valori collettivi previsti da Karl Marx e, sul piano scolastico, difesero l’utilità degli asili, visti come sostegno assistenziale per le madri lavoratrici, istituendo anche le mense scolastiche e aiuti economici ai più indigenti.

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